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Ascoltare, accettare, comprendere le emozioni. Riflessioni di una psicologa.

Ascoltare, accettare, comprendere le emozioni. Riflessioni di una psicologa.

Ascoltare, accettare, comprendere le emozioni. Riflessioni di una psicologa.

Le emozioni rappresentano i colori della nostra vita quotidiana e comprendono tutte le sfumature possibili, da quelle più allegre a quelle più scure ma, al di là di ciò che spesso si crede, sono tutte indispensabili e preziose. Ciò che fa la differenza non è la loro tonalità ma il fatto che possiamo accoglierle e identificarle per poi poterle gestire.

I genitori hanno un compito molto importante che è quello di educare i propri figli alla consapevolezza emotiva. La famiglia è infatti il luogo in cui le emozioni possono circolare e trovare libera espressione. È qui che avvengono gli insegnamenti più preziosi che getteranno le basi per la vita emotiva, relazionale e sociale dei figli. Soltanto se avranno imparato a gestire le proprie emozioni i bambini potranno avere accesso al proprio mondo interiore e relazionarsi con gli altri in modo equilibrato. Si tratta di un insegnamento che parte sin dai primi istanti di vita e che va avanti sino all’adolescenza.

Nel periodo neonatale e per i primi due anni di vita genitori sereni, non ansiosi e capaci di rispondere in modi e tempi adeguati ai diversi tipi di pianto del bambino, hanno un ruolo fondamentale nell’aiutarlo a costruire una buona capacità di regolazione emotiva. Con il crescere del bambino devono adeguarsi anche le capacità educative dei genitori che, ad esempio, nella fase dei terribili due anni, età in cui i bambini sperimentano il no e iniziano a provare i primi cenni di autodeterminazione, devono riuscire ad essere autorevoli, sereni, calmi e capaci di riconoscere e gestire le proprie emozioni in modo da evitare l’utilizzo di urla e sculaccioni. Tra i 3 e i 6 anni i bambini, grazie alla competenza degli adulti imparano a riconoscere e condividere le proprie emozioni principali: rabbia, tristezza, gioia, paura e disgusto. Fino ad arrivare alla preadolescenza, età in cui è fondamentale reggere agli attacchi leggendo le emozioni che stanno dietro le esplosioni di rabbia o i silenzi più impenetrabili.

È all’interno degli schemi emotivi che si creano in famiglia che il bambino impara a capire e dare un valore alle proprie emozioni.

La manifestazione di disagio più frequente nei bambini è il pianto, una manifestazione che lui non ha gli strumenti per gestire, è l’adulto che si prende cura di lui che comprende la condizione di assenza di regolazione emotiva, cerca di capire il significato di quel pianto e mette in atto gesti e parole per risolvere la situazione di difficoltà. L’adulto deve avere la capacità di dare al bambino una risposta speculare e complementare all’emozione che il piccolo sta vivendo, in modo da contenere il disagio emotivo e riportare allo stato di calma. Quando un bimbo è triste è importante che il genitore sappia dargli conforto, se esprime rabbia deve essere aiutato a manifestarla anche grazie al contenimento delle figure adulte di riferimento, se è spaventato ha bisogno di sentirsi protetto e di essere rassicurato, così come se è felice ha bisogno che la sua felicità sia condivisa anche da coloro che lo amano e si prendono cura di lui.

Per poter fare da specchio alle emozioni dei propri figli e aiutarli a comprenderle e gestirle è fondamentale anche gli adulti siano capaci di riconoscere le proprie emozioni e sappiano dare loro un nome. È quindi molto importante sviluppare prima di tutto la capacità di ascoltare se stessi e chiedersi “Come mi sento adesso? Che emozione sto provando? Sono triste? Sono arrabbiato? Sono deluso? Sono frustrato?”. Più si è capaci di riconoscere le proprie emozioni e più si sarà competenti nell’accogliere e comprendere quelle dei figli. Solo se un genitore è in sintonia con i propri bisogni e sentimenti potrà insegnare a fare altrettanto ai figli.

Per poterlo fare è importante che i genitori si pongano in una posizione di “sintonizzazione emotiva” che, secondo Daniel Stern è la capacità di ascoltare, accettare e comprendere l’emozione. Quando un genitore è sintonizzato emotivamente col proprio figlio si crea un clima di fiducia reciproca, in cui ogni cosa ha un tempo e non si risponde in modo istintivo ma si aspetta con fiducia che il bambino possa imparare dalle proprie esperienze. I genitori aiutano a sviluppare empatia quando riconoscono il prezioso significato di tutte le emozioni, anche quelle che di solito vengono ritenute “negative”: la paura ci parla del nostro bisogno di sicurezza, la rabbia è un’emozione di movimento che ci dice che quella situazione non ci piace e vogliamo cambiarla, la tristezza ci indica il dispiacere, magari per la perdita di qualcosa, la gioia parla invece della soddisfazione dei nostri bisogni.

Se il bimbo sente che, grazie all’intervento del genitore, il proprio livello di regolazione emotiva si attenua e torna la calma, sperimenta una sensazione positiva che lo aiuta a memorizzare l’esperienza in modo costruttivo e che gli permetterà di utilizzarla in futuro per autoregolare le proprie emozioni. Per questo è importante che gli adulti accolgano sempre tutte le emozioni dei figli, senza mai sminuire ciò che provano, ma sempre legittimando ogni vissuto e insegnando che è possibile gestire le emozioni proprio perché si parte dall’accoglienza delle stesse.

Sono quindi bandite frasi come “Ormai sei grande e hai ancora paura del buio!”, “I bambini forti non piangono”, “Non avrai davvero paura di un insetto così piccolo!”. Sono frasi giudicanti che fanno sentire sbagliato il bambino e che portano ad un irrigidimento rispetto ai vissuti emotivi. Se non si entra in contatto con le emozioni non si potrà nemmeno dare loro un senso, non potranno essere gestite e risignificate, passaggi importantissimi per diventare emotivamente competenti.

Maria Grazia Rubanu

Psicologa Psicoterapeuta

Psynerghia – Psicologia e Relazioni

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