È esperienza comune che ansietà e depressione accelerino o rallentino il tratto gastrointestinale. “Molte persone hanno la diarrea o non riescono a mangiare prima di un evento importante. In pazienti che, invece, hanno dei veri e proprio disordini di ansia, il disturbo gastrointestinale può diventare più invalidante. Al punto tale che nel bambino non gli permette di andare a scuola o di giocare con gli amici. Rimane a casa tutto il tempo e va sempre dal medico”.
A fare il punto alla Dire sulla relazione tra depressione, ansia e disturbi del tratto gastrointestinale è Carlo di Lorenzo, direttore della Divisione di Gastroenterologia Pediatrica e Nutrizione presso il Nationwide Chlidren’s Hospital in Ohio (Stati Uniti).
A livello epidemiologico questi disturbi funzionali, come il dolore addominale di natura funzionale o la stipsi di natura funzionale, colpiscono fino al 20-30% dei bambini nel mondo. “Il colon irritabile, una patologia un pò più specifica, riguarda l’8-12% dei minori ed è uguale dappertutto”. Non ha niente a che fare con la dieta, con il microbioma o con il background socioculturale di un Paese. È un problema diffuso e sta aumentanto perché dipende da disturbi molto comuni: l’ansia, la depressione e una preoccupazione eccessiva dell’ambiente. “In generale i genitori, ma potrebbero essere anche gli insegnanti o i nonni, tendono a catastrofizzare e a preoccuparsi in maniera eccessiva. Il bambino – rimarca Di Lorenzo – avverte tutti i timori, si rende conto se la mamma e il papà sono molto preoccupati che il figlio abbia una patologia grave. Così il piccolo continuerà ad avere sempre più sintomi e questo lo porterà a sottoporsi a una serie di indagini non necessarie”.
È un circolo vizioso da cui il bambino difficilmente ne può uscire: “Più faccio test, più vengono negativi; più mi preoccupo perché non riusciamo a scoprire qualcosa e più sto male poiché i miei genitori sono preoccupati. Il bambino si preoccupa a sua volta e si chiede: ‘Mi fanno fare tutti questi test, avrò qualcosa’”. Da una indagine che il gastroenterologo ha condotto negli Stati Uniti è emerso come la diagnosi clinica dei disturbi ansiosi sia aumentata dal 5% al 9% negli ultimi 10 anni. “Un po’ tutti si rendono conto che viviamo in una società che porta più ansia e stress.
Si parla di bullismo a scuola – continua Di Lorenzo – di gente sempre più asociale, che non gioca più con gli amici e trascorre più tempo a casa. Le ragioni non sono chiarissime, ma non c’è dubbio che i disturbi come l’ansia e la depressione risultanti dallo stress stiano aumentando”. Queste problematiche sono comuni anche negli adulti, con un’unica eccezione: “Sembrano essere più prevalenti nelle donne rispetto agli uomini. Il 15% delle donne nel mondo ha il colon irritabile, gli uomini un po’ di meno. Probabilmente dipende da problemi ormonali o da un diverso tipo di elaborazione del sintomo a livello cerebrale”.
Per uscirne basta considerare due fattori. “Innanzitutto avere una visione più olistica di se stessi, e più totale del paziente, per riconoscere il problema invece di continuare a cercare una diagnosi che non esiste”. Di Lorenzo pensa alla divisione cartesiana ‘mente-corpo’, “che ha prodotto danni enormi. Mente e corpo sono una cosa sola”. Nelle culture orientali si propende verso una visione olistica che utilizza tecniche più vantaggiose per trattare problematiche derivanti dallo stress, come lo yoga, la meditazione, il trening autogeno e l’ipnosi. Lo dimostrano i dati in letteratura: “Si migliora di più con l’ipnosi che con le medicine per curare i disturbi causati dall’ansia”.
Se insegno a un bambino di 10 anni a rilassarsi, a distrarsi lui lo saprà fare per sempre.